Secondo uno dei principali studiosi ed esperti di leadership del nostro tempo, Daniel Goleman, un leader efficace è in grado di padroneggiare diversi stili manageriali, alternandoli a seconda di circostanze ed esigenze delle persone che lo circondano. Nell’articolo di oggi, ci concentreremo sull’analisi della leadership transazionale, situazionale e trasformazionale, andando oltre alla semplice definizione e provando a contestualizzare questi tre diversi approcci.
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In cosa consiste la leadership transazionale?
I leader transazionali sono concentrati sui risultati e sul rispetto delle procedure organizzative esistenti. Il loro stile di leadership è fondato su un’autorità piuttosto formale e sulla responsabilità all’interno dell’azienda.
I principi chiave della leadership transazionale
- Le persone esprimono il proprio massimo potenziale quando esiste una gerarchia dei ruoli chiara e definita.
- Alla base della motivazione dei collaboratori ci sono la possibilità di essere premiati e quella di essere richiamati.
- L’obiettivo primario dei componenti di un gruppo di lavoro dovrebbe essere quello di seguire le istruzioni e i compiti assegnati dal manager.
- Per assicurarsi che i risultati siano all’altezza delle aspettative del manager, i collaboratori devono essere monitorati sempre con attenzione.
Questo stile di leadership è detto anche manageriale e pone il proprio focus sul ruolo del capo-supervisore, sulla fermezza della struttura organizzativa e sulla produttività generale, mantenuta grazie a una gestione basata sul controllo dell’operato individuale.
Lo strumento di valutazione delle persone guidate da un leader transazionale è la performance review, perché la leva principale per la motivazione dei dipendenti viene individuata nella volontà di ottenere un premio e, soprattutto, di evitare un richiamo.
I leader con un approccio di questo tipo considerano la relazione con i propri collaboratori come un vero e proprio scambio: la performance lavorativa è un mezzo per ottenere un premio.
Sebbene si tratti di tipi di manager predisposti alla condivisione di feedback costruttivi - che incoraggiano a migliorare la produttività e i risultati – ai leader transazionali manca la capacità di incoraggiare la crescita e il cambiamento, proprio in virtù della loro tendenza a preservare lo status quo in termini di procedure, attività e aspettative.
In quali contesti è più efficace la leadership transazionale?
Poiché i collaboratori non sono incoraggiati a trovare soluzioni innovative ai problemi o a pensare “out of the box”, il leader transazionale si adatta meglio ai contesti organizzativi in cui i problemi sono identificati in modo chiaro e prevedono una risoluzione piuttosto lineare.
Anche in situazioni di crisi, se il focus deve rimanere sull’esecuzione di attività specifiche, la capacità del manager di assicurarsi che i compiti assegnati vengano portati a termine entro le scadenze può fare la differenza rispetto a chi adotta uno stile più democratico.
La tendenza a rispettare la struttura organizzativa e la strategia funziona molto bene nei casi in cui la preoccupazione dei collaboratori rischia di bloccare le attività.
Allo stesso modo, l’attitudine al controllo e la mancanza di flessibilità impediscono sia al leader stesso che alle sue persone di esprimere al massimo il potenziale e sviluppare nuove competenze.
Quali sono le differenze rispetto alla leadership trasformazionale?
Se, come abbiamo detto, lo stile transazionale fa leva sul rinforzo positivo e negativo – in uno schema di premi e punizioni – nella leadership trasformazionale l’enfasi è invece sulla capacità di ispirare e motivare in modo proattivo.
L’obiettivo prioritario del leader trasformazionale è infatti la crescita del gruppo, mentre l’approccio transazionale coinvolge più a livello individuale – e individualistico, perché ognuno punta al riconoscimento personale per essere premiato.
La prospettiva del manager trasformazionale è dunque ad ampio raggio: la visione aziendale a lungo termine viene condivisa e trasmessa alle persone con l’esempio pratico, non limitandosi a fornire delle direttive da seguire.
Quali sono, invece, le differenze rispetto alla leadership situazionale?
Nel modello di leadership situazionale, lo stile più efficace da adottare dipende dalle situazioni specifiche, come ad esempio le relazioni tra il manager e le sue persone, il grado di strutturazione dei compiti assegnati al gruppo di lavoro e quello di autorità gerarchica.
La leadership situazionale si adatta al livello di maturità lavorativa e psicologica dei collaboratori.
In conclusione, riprendendo l’idea di Daniel Goleman che abbiamo citato nella premessa di questo articolo, per essere efficace, il leader deve trovare una sintonia con i sentimenti delle altre persone, guidandole in una direzione emotiva positiva.
Per farlo, sono necessarie la consapevolezza di sé, la capacità di gestire le proprie emozioni, la comprensione di quelle altrui e l’attenzione nei confronti dei rapporti interpersonali. In breve, è fondamentale che il leader sia dotato di intelligenza emotiva – o che lavori per svilupparla.
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