Se chiedessimo a un gruppo di manager qual è l’elemento che determina la capacità di leadership, la risposta più frequente sarebbe la vision. In ogni settore e tipo di azienda, le persone con esperienze diverse sono piuttosto convinte che sia la visione del leader a ispirarle e motivarle.
La difficoltà di avere un concetto - che si potrebbe definire persino mistico - a determinare i livelli di motivazione e l’impegno quotidiano dei collaboratori si manifesta in modo evidente nei contesti di crisi, incertezza e cambiamento. Nell’articolo di oggi, introdurremo alcuni consigli per una gestione efficace di tali situazioni.
Il limite della capacità di leadership connessa alla vision
Se il leader è in grado di trasmettere una visione e fornire delle indicazioni chiare per raggiungere quell’ideale - che può essere un obiettivo connesso al fatturato, come anche al consolidamento del marchio o alla responsabilità sociale dell’azienda - i collaboratori tenderanno a seguire la sua guida.
Si arriva persino a pensare che senza la vision non esista una vera capacità di leadership.
Ma è davvero così?
Dipende molto dai valori che supportano la visione; inoltre, la sola vision non può determinare la leadership nella sua interezza.
Non ci si poteva certo aspettare che le visioni per il 2020 prendessero in considerazione il contesto denso di incertezze e cambiamenti come quello che si è verificato con la pandemia di Covid-19.
Le crisi rappresentano un vero e proprio banco di prova per le corporate vision che, nella maggior parte dei casi, non viene superato.
Quando si verifica un evento inaspettato - è il caso di una calamità naturale, di un incendio, di un crollo del mercato o di una pandemia - avviene una reazione istintiva: le persone tendono a scappare, senza che abbiano bisogno di seguire alcuna indicazione.
Nel contesto dell’emergenza sanitaria, la soluzione immediata è stato lo smart working, ma molti collaboratori hanno evidenziato come la mancanza di orari li abbia portati a lavorare troppo, rischiando il burnout.
Per sviluppare la leadership e orientarla a una maggiore efficacia, dovrebbe essere prevista invece una capacità di fermarsi, ritrovare la calma e analizzare la situazione, per decidere con consapevolezza quale sia la direzione giusta da intraprendere e verso cui guidare il gruppo di lavoro.
È un’attività che richiede anche una componente di intelligenza emotiva, perché il leader dovrebbe essere in grado di cogliere e interpretare le reazioni delle proprie persone, aiutandole a orientarsi nella gestione della crisi e del cambiamento che richiede.
Non si tratta di trovare una visione a cui ispirarsi, bensì di rassicurare i collaboratori, illustrando le risorse messe a disposizione dall’organizzazione per proteggerli e per creare le condizioni affinché possano continuare a lavorare con soddisfazione e a offrire il miglior servizio ai clienti, creando nuove opportunità di business.
In questo studio realizzato da Jennifer Petriglieri, Professore Associato di Organisational Behaviour presso la Business School internazionale INSEAD, è stata analizzata la reazione dei top talent di British Petroleum alla crisi petrolifera del 2010 nel Golfo del Messico.
Sono emersi due tipi di comportamenti differenti:
- in un gruppo è venuta meno la fiducia nei confronti della compagnia e dei leader
- in un altro gruppo, i livelli di motivazione e performance sono raddoppiati
Quale elemento ha fatto
la differenza tra questi due gruppi?
Al primo, venivano comunicati direttamente i messaggi ottimistici del top management; nel secondo caso, erano i team leader a fare chiarezza nella confusione, trasmettendo informazioni oneste sulla realtà e la gravità del contesto.
Nonostante la naturale preoccupazione che ne poteva scaturire, la percezione di vicinanza e attenzione da parte dei manager aveva la capacità di rassicurare circa l’affidabilità dell’organizzazione nel lungo periodo.
Lo studio trae la seguente conclusione: nella gestione delle crisi, il leader onesto che non dà risposte immediate, ma attende di avere un quadro più preciso della situazione e fa da tramite per chiarire i dubbi delle sue persone, è più efficace di chi ripete frasi incoraggianti sul futuro.
In psicologia, questo concetto è stato definito holding (tradotto in italiano come sostegno), all’interno della teoria dello sviluppo emotivo dello psicanalista britannico Donald Winnicott.
In breve, la funzione holding è la capacità della madre di contenere le angosce del bambino, riconoscendole in modo istintivo e alternando l’offerta di amore al mettersi da parte, se non ha bisogno di lei.
In questo modo, il figlio sperimenta la sensazione di potere creare ogni cosa, grazie ai suoi desideri, una condizione indispensabile per il suo sviluppo individuale.
Riportando questa idea nel contesto delle organizzazioni aziendali, il leader capace di creare un holding environment permette l’espressione del potenziale delle sue persone, anche in situazioni complesse.
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