Una delle responsabilità del capo, del manager o del leader, a seconda della sua definizione all’interno dell’organigramma, dovrebbe essere quella di favorire lo sviluppo professionale dei collaboratori che gli sono affidati.
Per fare ciò è indispensabile che il responsabile conosca il loro livello e sia in grado di adeguare il proprio stile manageriale a seconda della situazione. In questo articolo parleremo delle domande chiave da porsi per capire l’ambiente di lavoro creato sia adatto a fare crescere i propri collaboratori.
Dalla discussione e dagli studi sui diversi stili di leadership che hanno tenuto banco negli ultimi anni nel mondo delle Risorse Umane e non solo, è emerso che non esiste un’unica tipologia che il manager debba adottare per essere efficace nel dirigere, coordinare, stimolare e fare crescere i propri collaboratori; al contrario, l’approccio del leader dovrebbe adattarsi al contesto e al livello di maturità delle risorse.
In modo graduale, man mano che l’autonomia dei collaboratori cresce con la loro maturità, il manager è in grado poi di educarli e influenzarli con il proprio stile di comando.
Cosa accade se il manager adotta
uno stile non coerente?
Se ad esempio il leader adotta lo stile direttivo con collaboratori maturi, competenti e autonomi, rischia di provocare una sorta di involuzione nel loro livello di maturità o, perlomeno, di farli sentire soffocati da un atteggiamento troppo pressante.
Ma anche un eccesso dal lato opposto ha le sue conseguenze pericolose per la leadership: è il caso del manager che adotta lo stile delegante anche con collaboratori che non sono sufficientemente maturi da un punto di vista professionale, magari perché assunti da poco o nuovi nel loro ruolo. Le persone potrebbero così sentirsi abbandonate, interpretando la delega come lassismo o scarico di responsabilità da parte del capo.
Per questa ragione si parla di leadership situazionale, dove gli stili “di base” che sono classificati come direttivo, persuasivo, partecipativo e delegante vanno a combinarsi con alcune variabili, tra cui le caratteristiche dei membri del team.
Secondo gli studi sulla leadership situazionale, quindi, fare crescere i propri collaboratori vuol dire anche adattare il proprio stile aumentando i livelli di delega e di responsabilità in modo graduale dal momento dell’assunzione (o del cambio di ruolo) fino ad arrivare all’autonomia completa.
Nello sviluppo professionale, però, la maturità dei singoli individui e dei gruppi di lavoro è misurata anche in funzione dello specifico compito da svolgere e dello stato d’animo del momento.
Può accadere che un collaboratore che normalmente si dimostra autonomo torni a un livello di maturità inferiore, magari per motivi individuali di insoddisfazione e di scoramento.
Ma ci sono altri elementi che possono determinare un calo nel livello di maturità: obiettivi nuovi e particolarmente complessi da raggiungere oppure una situazione ambientale incerta e ostile.
Anche in queste situazioni, dunque, la capacità e la sensibilità del manager sta nell’individuare e valutare queste variazioni dei livelli di maturità dei collaboratori, modificando di conseguenza il proprio stile di leadership.
Innanzitutto le aspettative nei confronti del singolo collaboratore:
Un altro aspetto determinante riguarda i feedback, cioè le informazioni fornite ai singoli collaboratori relativamente ai risultati delle loro prestazioni. Affinché il feedback risulti accettabile per l'esecutore, questo deve essere preciso e confrontato con misurazioni predeterminate. Fanno parte delle forme di feedback anche le conseguenze, i premi e i riconoscimenti (positivi o negativi) che risultano dalle prestazioni. Ecco le domande per il manager:
Per fare crescere i propri collaboratori, è fondamentale che le risorse siano gestite e usate in funzione del raggiungimento dei traguardi e degli obiettivi sia del dipartimento che dell'azienda. Per assicurare una giusta pianificazione delle risorse, il leader dovrà valutare:
Nell’assegnare una posizione alle persone, è necessario valutare con attenzione l’adeguatezza al ruolo. Ciò vale sia per le nuove assunzioni che per i cambi di ruolo e le sostituzioni. Ecco le domande per capire se sono state considerati tutti gli elementi:
Forse la componente principale dei piani di sviluppo professionale è la formazione aziendale, composta da eventi strutturati che forniscono informazioni e pratiche che consentono ai collaboratori di acquisire nuove conoscenze, essere consapevoli del loro potenziale e sviluppare competenze. Per valutare questa attività occorre che il manager si chieda:
Ultimo, ma non per importanza, l’aspetto della motivazione delle persone, fortemente legato ad emozioni, desideri o necessità che fanno agire il collaboratore in una determinata maniera. Ecco come valutarla:
Abbiamo visto come lo sviluppo delle risorse non sia una questione da prendere sottogamba, ma anzi richieda un’attenta valutazione da parte del manager, per garantire un impatto positivo sui livelli di motivazione, appartenenza all’azienda e di conseguenza sulla produttività.
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