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I leader transazionali sono concentrati sui risultati e sul rispetto delle procedure organizzative esistenti. Il loro stile di leadership è fondato su un’autorità piuttosto formale e sulla responsabilità all’interno dell’azienda.
Questo stile di leadership è detto anche manageriale e pone il proprio focus sul ruolo del capo-supervisore, sulla fermezza della struttura organizzativa e sulla produttività generale, mantenuta grazie a una gestione basata sul controllo dell’operato individuale.
Lo strumento di valutazione delle persone guidate da un leader transazionale è la performance review, perché la leva principale per la motivazione dei dipendenti viene individuata nella volontà di ottenere un premio e, soprattutto, di evitare un richiamo.
I leader con un approccio di questo tipo considerano la relazione con i propri collaboratori come un vero e proprio scambio: la performance lavorativa è un mezzo per ottenere un premio.
Sebbene si tratti di tipi di manager predisposti alla condivisione di feedback costruttivi - che incoraggiano a migliorare la produttività e i risultati – ai leader transazionali manca la capacità di incoraggiare la crescita e il cambiamento, proprio in virtù della loro tendenza a preservare lo status quo in termini di procedure, attività e aspettative.
Poiché i collaboratori non sono incoraggiati a trovare soluzioni innovative ai problemi o a pensare “out of the box”, il leader transazionale si adatta meglio ai contesti organizzativi in cui i problemi sono identificati in modo chiaro e prevedono una risoluzione piuttosto lineare.
Anche in situazioni di crisi, se il focus deve rimanere sull’esecuzione di attività specifiche, la capacità del manager di assicurarsi che i compiti assegnati vengano portati a termine entro le scadenze può fare la differenza rispetto a chi adotta uno stile più democratico.
Allo stesso modo, l’attitudine al controllo e la mancanza di flessibilità impediscono sia al leader stesso che alle sue persone di esprimere al massimo il potenziale e sviluppare nuove competenze.
Se, come abbiamo detto, lo stile transazionale fa leva sul rinforzo positivo e negativo – in uno schema di premi e punizioni – nella leadership trasformazionale l’enfasi è invece sulla capacità di ispirare e motivare in modo proattivo.
L’obiettivo prioritario del leader trasformazionale è infatti la crescita del gruppo, mentre l’approccio transazionale coinvolge più a livello individuale – e individualistico, perché ognuno punta al riconoscimento personale per essere premiato.
La prospettiva del manager trasformazionale è dunque ad ampio raggio: la visione aziendale a lungo termine viene condivisa e trasmessa alle persone con l’esempio pratico, non limitandosi a fornire delle direttive da seguire.
Nel modello di leadership situazionale, lo stile più efficace da adottare dipende dalle situazioni specifiche, come ad esempio le relazioni tra il manager e le sue persone, il grado di strutturazione dei compiti assegnati al gruppo di lavoro e quello di autorità gerarchica.
La leadership situazionale si adatta al livello di maturità lavorativa e psicologica dei collaboratori.
In conclusione, riprendendo l’idea di Daniel Goleman che abbiamo citato nella premessa di questo articolo, per essere efficace, il leader deve trovare una sintonia con i sentimenti delle altre persone, guidandole in una direzione emotiva positiva.
Per farlo, sono necessarie la consapevolezza di sé, la capacità di gestire le proprie emozioni, la comprensione di quelle altrui e l’attenzione nei confronti dei rapporti interpersonali. In breve, è fondamentale che il leader sia dotato di intelligenza emotiva – o che lavori per svilupparla.
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