Il motivo principale della paura del cambiamento è l’incapacità oggettiva di prevederne i risultati. Tuttavia, pensandoci bene, non è prevedibile nemmeno cosa potrebbe accadere se tutto restasse come è. Anzi, è nella natura umana desiderare di crescere ed evolversi, per non correre il rischio di rimanere indietro rispetto agli altri.
Sebbene il timore del cambiamento sia un fattore del tutto naturale, l’essere umano è progettato proprio per continuare a mutare: la paura è l’emozione che si sviluppa quando perdiamo la consapevolezza del nostro potenziale.
Da un lato, dunque, il cervello tende a resistere alle insicurezze e preferisce piuttosto ragionare a un esito negativo, piuttosto che incerto; dall’altro lato, abbiamo una mentalità flessibile, capace di adattarsi e persino allenata a desiderare i cambiamenti.
Dunque, come è stato ben raccontato anche nel video dallo Psicologo Dan Ariely, per cambiare e ottenere i risultati desiderati, è necessario adottare una mentalità diversa, cambiando le nostre abitudini un passo alla volta.
I manager e i leader che sono tenuti a comunicare il nuovo progetto, la nuova strategia o la modifica delle modalità di lavoro, come è successo con l’adozione dello smart working a causa dell’emergenza Covid-19, dovrebbero prima di tutto analizzare i propri comportamenti e poi guidare il change management. Il motivo? Attraversando con consapevolezza la trasformazione, saranno in grado non solo di fornire istruzioni, ma anche di coinvolgere con efficacia i propri collaboratori.
La formazione è il primo passo fondamentale, per aiutare i collaboratori a comprendere le ragioni che sorreggono il processo di change management. In questa fase, la comunicazione di una visione il più possibile positiva aiuta ad approcciare il cambiamento con la giusta fiducia.
Un’altra componente importante è il coinvolgimento: per alimentarlo, è utile istituire dei colloqui di feedback individuali che proseguano nel tempo e aiutino i collaboratori ad abbracciare il cambiamento sia emotivamente, sia intellettualmente.
L’iniziale entusiasmo che si può generare grazie al coinvolgimento ha bisogno di essere alimentato e, in quest’ottica, l’empowerment si rivela la leva capace di accrescere le responsabilità individuali di fronte al processo di cambiamento.
È piuttosto naturale, come si nota nello schema che ti proponiamo di seguito, che le reazioni al cambiamento seguano una curva che porta da ottimismo e pessimismo, entrambi ingiustificati, a un ottimismo giustificato, passando attraverso un realismo incoraggiante.
Creare le condizioni per cui le persone possano agire, con fiducia e responsabilità, significa anche aiutarle a sviluppare competenze e rimuovere gli ostacoli all’efficacia.
Come abbiamo visto, grazie alla conoscenza dei meccanismi, anche psicologici, che derivano dalle situazioni di cambiamento e incertezza, è possibile superare la paura e creare una cultura aziendale che promuova l’innovazione, coinvolgendo e incitando tutti i collaboratori a condividere le proprie idee.
Poiché non esiste un unico approccio efficace ai cambiamenti (che siano organizzativi, di processo o relativi alle nuove strategie), è fondamentale contribuire a diffondere un clima positivo.
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