Continua a leggere questo articolo per approfondire il concetto di consapevolezza, di sé stessi e degli altri, e il suo ruolo nell’efficacia della gestione dei gruppi di lavoro!
In una valutazione eseguita dai ricercatori di Talent Smart - che ha coinvolto più di due milioni di dipendenti - è emerso come solo il 36% sostenga di essere in grado di identificare le proprie emozioni nel momento in cui le prova.
Quando tra queste persone si trovano anche i leader, il loro essere preparati ed esperti su argomenti tecnici può non essere sufficiente a raggiungere l’efficacia organizzativa.
Il binomio tra intelligenza emotiva e leadership in questi ruoli è fondamentale, per riconoscere in sé stessi e negli altri le emozioni e il modo in cui determinano i comportamenti, usandole poi come leva per incrementare la motivazione.
In uno studio condotto presso l’Università di Berkeley - durato circa 40 anni - è stato dimostrato come il quoziente emotivo (QE) sia fino al 400% più determinante nel prevedere chi possa avere maggiore successo nel proprio ambito, rispetto al quoziente intellettivo (fonte: Career Compass Club).
Anche PepsiCo ha eseguito un’indagine interna dalla quale si evince come l’assunzione di manager dotati di alti livelli di QE abbia portato a un generale aumento di produttività del 10%, con un ROI del 1000% (fonte: Langley Group).
In un’azienda farmaceutica, la scelta di attivare piani di formazione specifici per l’intelligenza emotiva dei commerciali - migliorata del 18% - è risultata in un aumento delle vendite per un valore di due milioni di dollari al mese (fonte: Enterpreneur).
Le persone intelligenti dal punto di vista emotivo hanno performance elevate e tendono a essere pagate di più.
Secondo Talent Smart, esiste infatti una correlazione diretta tra il QE e la retribuzione: ogni punto percentuale di quoziente emotivo corrisponde a 1300$ in più di RAL. Il calcolo vale per ogni settore, area geografica o livello professionale.
Dando per scontate le competenze tecniche e il quoziente intellettivo che portano il manager a ricoprire la propria posizione, l’elemento distintivo per i leader nelle organizzazioni di oggi si trova nella consapevolezza delle proprie emozioni e nel self control.
Quando non comprendiamo le nostre reazioni - e non siamo dunque in grado di controllarle - non le riconosciamo nemmeno negli altri. Tale mancanza può essere pericolosa per le dinamiche di un gruppo di lavoro.
Nelle aziende guidate da leader con QE bassi, le relazioni si generano a partire da esempi poco virtuosi, generando livelli di coinvolgimento scarsi e turnover elevati, con i relativi costi legati alla ricerca e all’onboarding di nuovo personale.
Un sintomo evidente è la difficoltà nelle interazioni con gli altri: chi trova le persone del proprio team difficili, tende a non considerarle parte dell’equazione, restando troppo concentrato su sé stesso.
Al contrario, le qualità dei leader intelligenti emotivamente vengono esaltate dalle relazioni con gli altri e i manager stessi sono felici di guidare un gruppo di lavoro.
La buona notizia è che anche questa competenza possa essere acquisita, sviluppata e allenata, come accade per altre soft skill.
Secondo la Professoressa Annie McKee della University of Pennsylvania, co-autrice di Becoming a Resonant Leader: Develop Your Emotional Intelligence, si tratta di una qualità cruciale per i leader che puntano all’eccellenza, perché crea le condizioni per cui ogni individuo possa a sua volta eccellere.
Nel suo testo, McKee individua i quattro elementi chiave dell’intelligenza emotiva. Ecco quali sono.
Quando un leader raggiunge la propria posizione nell’organizzazione senza un reale controllo sulla sfera emotiva, spesso non si rende conto dell’esigenza di iniziare ad averlo. La conseguenza è che i collaboratori provino un certo timore nel fare notare tali mancanze.
Può essere utile condurre un sondaggio interno che apra gli occhi al manager, mettendo in luce le opinioni di colleghi, superiori e membri del gruppo di lavoro.
Se non c’è l’opportunità di realizzare una valutazione di questo tipo, chiedere un feedback diretto e onesto è un’alternativa altrettanto valida.
Nelle interazioni con le altre persone, è molto importante concentrarsi nell’ascolto: i leader con scarsi livelli di QE tendono a pensare a ciò che devono dire dopo, anziché ascoltare.
Se il collaboratore è in soggezione quando si tratta di rapportarsi con il proprio manager, come è naturale che sia, è difficile che si senta libero di esprimere le proprie idee in modo schietto.
Una best practice semplice, ma d’effetto? Chiedere le opinioni e le sensazioni rispetto a un particolare progetto a ciascun componente del gruppo di lavoro. Il solo fatto di sapere di essere ascoltati aiuta a ridurre le cause di stress e la negatività.
Negli elementi precedenti l’obiettivo era fare emergere le necessità di miglioramento; ora è il momento di definire gli obiettivi prioritari.
Un leader capace di auto-gestirsi fa in modo che le proprie emozioni risultino in un comportamento efficace.
Per allenare questa abilità, ti proponiamo alcune attività:
Grazie a una maggiore consapevolezza di sé e alla pratica costante, il leader può iniziare a essere d’ispirazione per il proprio gruppo di lavoro, creando un clima aperto e collaborativo.
La qualità delle interazioni determina il morale e alimenta la fiducia anche in situazioni complesse, perché le persone sanno di potere contare sull’ascolto da parte del manager. Dare e ricevere feedback onesti è un bene sia per i leader, sia per i collaboratori.
Sempre più organizzazioni pongono lo sviluppo dell’intelligenza emotiva al centro dei propri programmi di formazione manageriale. InsideOut ha studiato e realizzato GROW, il prodotto formativo di nuova concezione per sviluppare l'efficacia manageriale e aiutarti a:
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