A tutti noi sono capitati momenti nella vita lavorativa in cui abbiamo provato stress, ansia e altre sensazioni difficili; la complessità maggiore risiede forse nel capire come gestire tali emozioni, soprattutto quando ricopriamo posizioni manageriali e dovremmo dunque essere in grado di supportare e guidare altre persone.
Anche senza tenere conto del “carico” aggiunto dalla pandemia, le emozioni negative sono piuttosto normali nella vita di ognuno di noi.
Tra le caratteristiche di una leadership efficace, troviamo non tanto la capacità di rimuovere queste sensazioni, bensì l’onestà nel riconoscerle e nel parlarne, oltre alla volontà di invitare le proprie persone a fare lo stesso.
Sebbene la gamma di emozioni considerate negative sia piuttosto comune a tutti, manager compresi, il modo in cui ognuno di noi reagisce alle situazioni sfidanti varia.
Nel prossimo paragrafo, troverai la descrizione, con un focus sulla gestione delle emozioni negative, di tre diversi approcci manageriali:
Questo tipo di leader è concentrato sugli aspetti positivi e dà il meglio di sé per convincere il proprio gruppo di lavoro che la crisi sarà superata, in un modo o nell’altro.
Se è vero, da un lato, che l’ottimismo e la visione del bicchiere mezzo pieno possono generare un incremento della produttività, dall’altro lato è opportuno considerare che la rimozione delle emozioni per mostrarsi sempre sicuri di sé non fa che peggiorarle, con un impatto sui livelli di motivazione e sulla qualità del lavoro.
I leader tecnocrati tendono a ignorare del tutto la sfera emotiva e a concentrarsi solo su soluzioni pragmatiche.
Proprio come nel caso del leader eroe, anche il tecnocrate alla lunga vede diminuire la propria efficacia nella gestione del gruppo di lavoro, perché sacrifica i momenti di svago e di condivisione sull’altare della produttività. Ma è proprio questa la prima vittima dell’approccio tecnocratico, con i collaboratori che si sentono frustrati per la mancanza di ascolto ed empatia e dunque eseguono solo i compiti a loro assegnati, senza motivazione né volontà di migliorare.
La sfera emotiva è un aspetto tutt’altro che secondario per chi ricopre il ruolo di leader: ad essa sono infatti collegate le performance – in termini sia di qualità che di quantità – la fidelizzazione e la gestione dei clienti, che ne determina la retention, incidendo quindi sul fatturato dell’azienda.
Sebbene nell’immaginario collettivo i manager tutti d’un pezzo – come potrebbero in apparenza sembrare eroi e tecnocrati – siano esempi calzanti di leader carismatici, sono molte le evidenze che dimostrano la sempre minore efficacia di questi approcci, in particolare nel guidare i collaboratori in situazioni complesse.
Questi tipi di manager riconoscono in modo aperto le proprie paure e non hanno timore di condividere le cause di stress. Parlare delle emozioni negative aiuta da un alto a diminuirne l’impatto su noi stessi e dall’altro lato a creare empatia con i collaboratori che si sentiranno incoraggiati a esprimersi e affrontare i momenti di incertezza con il supporto del leader e dei colleghi.
Un approccio orientato all’ascolto e alla comprensione altrui può generare una connessione davvero profonda tra le persone, superando le barriere fisiche imposte da distanziamento, riunioni in videoconferenza e lavoro da remoto.
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