Ma siamo certi che questo sia effettivamente ciò che viene definito multitasking?
E quali sono gli effetti di questa modalità di lavoro sull'efficacia professionale dei collaboratori e sull'efficienza organizzativa? Ne parliamo nelle prossime righe.
Innanzitutto, un chiarimento sulla terminologia, perché tutti noi tendiamo a usare l’espressione multi-tasking per indicare l’abilità di gestire più attività nello stesso momento. Si tratta, in realtà, di switch-tasking, perché di fatto ci limitiamo a passare molto velocemente da un’attività all'altra.
Immaginiamo, quindi, quanto sforzo ed energia di attivazione siano richiesti al cervello per essere impegnati su più fronti.
Partendo da questo presupposto, negli anni recenti, sicuramente caratterizzati da un incremento dell’utilizzo di dispositivi dall'alto coefficiente di distrazione, come smartphone e dispositivi wearable, anche per scopi professionali, si sono susseguite numerose ricerche che provano i danni del multitasking sia a livello individuale che rispetto all'efficienza organizzativa.
Non si tratta di un vantaggio o di un punto di forza, quindi, ma di un falso mito.
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Dall'università di Stanford, nel 2009, è arrivato lo studio che ha dimostrato come facendo più cose alla volta, generalmente, la qualità dei risultati lascia molto a desiderare. È proprio una caratteristica del cervello umano quella di non essere in grado di “processare” più attività contemporaneamente.
Inoltre, passando da un’azione all'altra, si diventa più lenti a causa della molteplicità degli stimoli ricevuti che compromettono la capacità di distinguere informazioni importanti e dati irrilevanti.
A dare manforte ai ricercatori di Stanford sono poi arrivati quelli della University of London che hanno calcolato l’impatto della gestione contemporanea di attività diverse sul quoziente intellettivo, paragonandola agli effetti della marijuana sul nostro cervello. Il QI delle persone esaminate nel corso del loro studio, infatti, arrivava ad abbassarsi di 15 punti, raggiungendo il livello di quello medio di un bambino di terza elementare.
E non è tutto, perché dalla University of Sussex proviene la dimostrazione di come gli effetti dannosi sul cervello non siano temporanei, bensì permanenti. I risultati ottenuti tramite risonanza magnetica hanno evidenziato la minore densità della corteccia anteriore cingolata (la regione del cervello che regola empatia, controllo cognitivo ed emotivo) in chi svolgeva più attività usando diversi strumenti digitali contemporaneamente, ad esempio lo smartphone mentre si trovava davanti alla televisione.
Il cervello ha però la capacità di riconoscere le questioni essenziali e non le mette in secondo piano anche se sta facendo altro: questo dato positivo (se così si può definire) arriva da Catherine Middlebrooks, ricercatrice dell’Università di Los Angeles che afferma “Quando la nostra attenzione viene divisa non ricordiamo tutto perfettamente, ma siamo ancora capaci di concentrarci su ciò che riteniamo rilevante”.
Se, come dimostrano le ricerche, il cervello umano non è in grado di gestire più attività contemporaneamente, quando ne svolgiamo una alla volta siamo quindi più produttivi. In azienda andrebbe promosso il mono-tasking per migliorare la produttività.
Ma è possibile allenare
la capacità di concentrazione?
Migliorare il focus è possibile, ma occorre prima uscire da un paradigma piuttosto consolidato, soprattutto all'interno delle organizzazioni aziendali contemporanee.
La proattività, infatti, in contrasto con la reattività, è considerata l’indispensabile capacità di anticipare un problema o un bisogno prima ancora che questi si verifichino.
In realtà, la proattività è la capacità di fare delle scelte, anche di fronte a una situazione complessa, a delle distrazioni o ad urgenze improvvise.
Individuare la migliore reazione significa valutarne gli effetti a medio-lungo termine, per continuare a lavorare in modo efficace, ma senza compromettere le relazioni con i colleghi isolandosi completamente e ignorando le loro richieste. Anche quando la postazione in ufficio si trova in un open-space, infatti, è possibile mantenere alto i livelli di concentrazione e di produttività, ma è fondamentale che le eventuali interruzioni siano gestite in modo assertivo.
Per migliorare l’efficienza organizzativa e promuovere nuove abitudini più efficaci sia nei comportamenti individuali che nelle dinamiche di team, le aziende possono trovare un valido supporto nelle società di formazione specializzate nello sviluppo di soft skill.
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